La Turris e l'effetto Caneo. Un treno, forse l'ultimo, che Torre del Greco non deve perdere...
Ogni generazione ha la sua verità, ogni epoca celebra la sua immortalità un attimo prima di finire. Potevo avere di più? Poteva essere meglio? Quel fascino malato in punto di morte che tanto fa corallino e me ne vanto. Sempre lì ad entrare e ad uscire dall’inferno. Nientedimeno che la prima generazione di tifosi della Turris andava orgogliosa dello spareggio del Flaminio, con il Sorrento. Una tragedia sportiva, eppure non c’era altro da offrire ai posteri. E i posteri la prendono per buona fino a che col Sorrento ci sbattono la testa pure loro nella stagione 1981/82.
Perché il Sorrento è una specie di crocevia dei nostri limiti, delle nostre paure. E’ vero che poi siamo tornati lì dove siamo sempre stati, ma qualcosa l’abbiamo lasciato inevitabilmente indietro. L’entusiasmo infantile degli anni ‘80, l’ebbrezza e quella specie di eccesso di velocità con cui abbiamo guidato nel corso degli anni ‘90 fino allo schianto finale. Abitiamo una Lega Pro a cui manca il cuore, quel pizzico di follia che ti restituisce un posto nella storia. Perché non è questione di avere obiettivi eclatanti per la Turris che verrà, perché occorre una identità precisa nel calcio moderno troppo piatto e uguale a sé stesso, ma occorre costruire.
E quindi la domanda è: dove sono io in questa storia? Allora facciamo così. Facciamo che noi eravamo e sognavamo di essere qualcosa che oramai non siamo più. Diciamo che andiamo verso un cambio di passo culturale rivoluzionario che ci porta via dall’ombra degli ultimi venti anni. Con un allenatore praticamente ignorato dall’intero sistema che quasi sul finire di carriera trova la quadra della sua squadra e della sua esistenza calcistica su questo pianeta regalandoci sensazioni difficili da decifrare.
Perché la Turris di Bruno Caneo va presa così com’è. Folle, contraddittoria, spettacolare, rischiosa, umile, ingenua, testarda, travolgente. Ecco cosa significa avere identità. Ecco cosa vuol dire essere la possibilità di un’isola. E poi Torre del Greco che ha probabilmente una occasione unica grazie all’effetto Caneo. Effetto Caneo si, penso si possa definire così. Finalmente l’occasione di mettere nero su bianco prospettive (anche strutturali) di una città che attraverso il calcio si ritrova sotto una luce nuova e inaspettata.
E qui di tempo ne abbiamo perso già abbastanza. E allora mentre scrivo mi vedo correre, mi vedo passare come un forsennato davanti alla mia vita. Corro a prendere l’ultimo treno. Ma stavolta non lo perderò.
Ettore Tria