Turris, se non ci sono le condizioni è meglio restare fermi: il silenzio assordante di una città ferita...

La batosta dell’esclusione è di quelle che fanno rumore, che lasciano il segno. E non poteva essere altrimenti. Torre del Greco è ancora sotto shock, smarrita, quasi incapace di trovare la forza per rivendicare un futuro degno del proprio glorioso passato, ormai infangato da errori, superficialità e silenzi colpevoli.
La città sembra ostaggio di un mix paralizzante: da un lato, la paura di ripartire dagli abissi dei dilettanti, probabilmente addirittura dall’Eccellenza, con lo spettro concreto di rimanerci intrappolati per anni – com’è già successo dopo il fallimento dell’era Pesce nel 2001, quando ci vollero più di due decenni per tornare nei Professionisti. Dall’altro lato, serpeggia un’indifferenza pericolosa, figlia della delusione bruciante e di una rassegnazione che suggerisce che, tanto, nulla cambierà.
Eppure, il tempo stringe. All’apertura dei termini per la richiesta di iscrizione in sovrannumero, attraverso l’art. 52 delle NOIF, manca poco più di un mese. Ma all’orizzonte, finora, si affacciano solo risicate candidature, ancora fumose, ancora avvolte nel mistero. Il rischio è che, anche stavolta, non si scelga il meglio, ma il meno peggio. Con tutto ciò che ne consegue.
Ed è proprio questo l’errore che la piazza dovrebbe evitare. La lezione del passato, troppe volte ignorata, dovrebbe insegnare che non basta “rimettere la palla al centro” per ripartire. Serve ben altro: una visione, un progetto credibile, dignitoso, rispettoso di una tifoseria che ha già pagato fin troppo. Se non dovessero emergere opzioni all’altezza, sarebbe giusto – e persino nobile – fermarsi. Tirare il fiato. Prendersi un anno sabbatico.
Sì, ben venga una pausa, se serve a voltare davvero pagina. Se può servire a ripulire l’ambiente dalle tossine che hanno permesso a troppi personaggi opachi di insinuarsi nelle pieghe della Turris, per svuotarla dall’interno fino a spegnerla. Meglio un silenzio dignitoso che l’ennesima falsa ripartenza, il solito progetto raffazzonato nelle mani sbagliate.
Certo, c’è chi teme che non ripartire subito significhi non ripartire mai più. È un rischio, lo sappiamo. Ma c’è anche un altro rischio: tornare in campo senza basi solide, per poi affondare di nuovo. Ed è un rischio che Torre del Greco non può più permettersi.
Un elemento che oggi può rappresentare una preziosa forma di tutela, se sfruttata a dovere, è la proprietà del logo e del marchio, detenuta dalla tifoseria organizzata. Uno strumento che, se utilizzato con intelligenza, può trasformarsi in un filtro necessario, in grado di obbligare chiunque voglia rilanciare la Turris a presentare un progetto serio e trasparente, prima ancora di acquisire la società, indipendentemente dalla categoria. Non un orpello simbolico, ma una leva concreta per pretendere chiarezza e rispetto.
E forse il punto da cui ripartire è proprio questo: far sapere a chi di dovere – sindaco in primis – che non c’è alcun obbligo di fare calcio a ogni costo, se le condizioni non ci sono.
A volte, il vero atto d’amore è dire no...