Editoriale di TC - Gli stadi restano chiusi, ma con un paradosso di fondo...

08.09.2020 19:03 di  Vincenzo Piergallino   vedi letture
Fonte: TuttoC.com (Ivan Cardia)
Editoriale di TC - Gli stadi restano chiusi, ma con un paradosso di fondo...
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Editoriale di TuttoC.com sulla questione stadi...

Gli stadi restano chiusi, almeno fino al 30 settembre. Per comodità e pigrizia, ma soprattutto perché i concetti rimangono quelli, inizio col riproporvi delle righe scritte per TMW ieri. Un breve elenco di tutte le cose inopportune che possiamo fare. Tranne andare allo stadio. In ordine sparso, possiamo: andare al supermercato. Al ristorante e al cinema. In un negozio, dal parrucchiere e dall’estetista. Come clienti o come lavoratori. In fabbrica. In discoteca no, anzi sì, purché non si vada lì per ballare. Ma la musica c’è comunque e quindi alla fine possiamo danzare gomito a gomito. Possiamo giocare a calcetto. Sudare in palestra e in piscina. Sbuffare al teatro e dimenarci a un concerto. Possiamo accalcarci in autobus, treno, aereo, metropolitana, nave. Sgomitare al centro commerciale. A scuola ancora non è detto che si possa entrare, all'università pare di sì. Possiamo stringerci per l'aperitivo e sederci per un caffè. Andare in spiaggia, a un palmo di mano dal vicino di ombrellone, anche senza conoscerlo. In montagna per sciare chi lo sa, ma perché l'industria del turismo estivo può ripartire e quella del turismo invernale no? Possiamo fare una lunghissima serie di cose che sarebbe meglio non fare.

Le possiamo fare perché altrimenti non sapremmo come andare avanti, e quindi lo Stato ha chiuso un occhio qui e lì. Senza permettere ma senza vietare più di tanto. Alle Regioni, che infatti sono l’ultima frontiera anche qui, il compito di rischiare le riaperture. Alla fine della fiera, tutte queste cose possiamo farle. Tranne andare allo stadio: è inopportuno. Come se non si potesse regolamentare l’ingresso dei tifosi, prevedere sanzioni e un rigido sistema di controlli per chi viola il distanziamento sociale. Perché proibire è più semplice che far rispettare le proprie regole. Come se diecimila persone, in un impianto da quarantamila, non avessero spazio a sufficienza per tenersi lontani l’uno dall’altro. E le società che vivono anche grazie agli incassi della domenica? Hanno meno diritti di ristoranti, bar, cinema, negozi e compagnia danzante. O almeno di tutti coloro tra questi che esercitano lontano dallo stadio. Che rimane chiuso, mentre nel resto della città siamo in fila alla cassa uno accanto all’altro. Eppure sarebbe inopportuno.

Ci siete ancora? Bene, quelle righe arrivavano dopo che il presidente del Consiglio aveva definito inopportuno riaprire gli stadi. Alle parole sono seguiti i fatti, perché il DPCM in vigore da oggi proroga fino al 30 settembre la validità delle norme previste in quello di inizio agosto. E quindi gli stadi del calcio restano chiusi a doppia mandata. Con un paradosso di fondo, tanto per cominciare, perché proprio il DPCM dell’8 agosto prevede che sia “consentita la partecipazione del pubblico a singoli eventi sportivi di minore entità, che non superino il numero massimo di 1000 spettatori per gli stadi all’aperto e di 200 spettatori per impianti sportivi al chiuso”, per poi imporre le porte chiuse nello sport di alto livello. Dato che lo stato dell’arte è confermato, ne consegue che in questo settembre potremmo invitare qualche centinaio di tifosi per assistere alle accese sfide del nostro torneo dopolavoro, ma Roma-Juventus (per fare un esempio) si dovrà giocare senza pubblico. Perfetto.