L'evoluzione della Turris 2.0: mix di sciabola e fioretto, senza rinunciare alla propria idea di gioco...
Le due sconfitte rimediate in quattro giorni con Campobasso prima e Fidelis Andria poi, successive alla bella vittoria con il Palermo, sono forse paradossalmente servite a determinare il passaggio (si spera definitivo) allo step successivo di maturità. Proprio questa maturità, quella che presumibilmente fa rima con continuità, era il nuovo punto da raggiungere per quella famosa “asticella da alzare”.
La Turris 2.0 vista con il Monterosi, quella che Caneo ha definito “un pò meno tecnica, con meno fraseggio, però concreta”, e prima ancora con la Juve Stabia, è stata squadra diversa (ovviamente in positivo) rispetto a quelle due sconfitte. Che non vuol dire rinunciare alla propria mentalità, ma applicarla in modo intelligente.
La Turris 2.0 è quella che deve capire quando accelerare con il suo attacco dalla qualità devastante e quando “stare”. Che non vuol dire rinunciare alla propria mentalità, ma applicarla in modo intelligente.
La Turris 2.0 è quella che deve imparare a giocare anche con le condizioni del campo non ottimali e con le condizioni meteo non favorevoli. Che non vuol dire rinunciare alla propria mentalità, ma applicarla in modo intelligente.
La Turris 2.0 è quella che quando viene bloccata dall’avversario (vedi la Juve Stabia nel primo tempo), ha poi l’intelligenza di capire come colpire l’avversario. Che non vuol dire rinunciare alla propria mentalità, ma applicarla in modo intelligente.
La Turris 2.0 è quella che sa cambiare modulo a partita in corso, adeguandosi ai momenti più o meno difficili della gara. Che non vuol dire rinunciare alla propria mentalità, ma applicarla in modo intelligente.
La Turris 2.0 è quella che inevitabilmente deve basarsi anche sulle rotazioni (come già succedeva per la zona centrale del centrocampo), perché un gioco offensivo è sì bello, ma dispendioso: i vari Loreto, Finardi, Sartore, Pavone, hanno dimostrato di essere all’altezza della situazione e allora è giusto dare fiducia a chi in questa squadra ci può stare. Che non vuol dire rinunciare alla propria mentalità, ma applicarla in modo intelligente.
Gli eccessi e l’integralismo non portano a nulla, l’equilibrio e l’astuzia (tattica) possono invece portare lontano e farci divertire. Saper giocare di sciabola e di fioretto non è nè un limite né un difetto di cui vergognarsi, ma una bellissima virtù. Forma e concretezza, bellezza e sostanza possono convivere. Senza rinunciare alle proprie idee.