La cronaca del tifoso di Turris-Avellino: "Un derby con entrambe le tifoserie è diventato qualcosa di miracoloso..."

28.09.2024 19:11 di  Vincenzo Piergallino   vedi letture
La cronaca del tifoso di Turris-Avellino: "Un derby con entrambe le tifoserie è diventato qualcosa di miracoloso..."

La cronaca di Turris-Avellino dal punto di vista del tifoso, nel servizio di Sportpeople.net: "Nel calcio sempre più chiuso ai tifosi, assistere a un derby regionale con entrambe le fazioni appare sempre più un qualcosa di miracoloso. 

Preso atto della benevolenza di Osservatorio, Casms, Ministero dell’Interno, Questure e Prefetture nei confronti dei loro “sudditi”, si può dunque partire con la grande curiosità di vedere all’opera i padroni di casa dopo così tanti anni. Torre del Greco è una di quelle piazze che difficilmente hanno fatto un passo indietro sui propri ideali e sulla propria militanza. Magari in pochi, magari in contestazione e magari poco affini ai compromessi (valore aggiunto, sia chiaro), ma sempre presenti al fianco dei propri colori e sempre clienti scomodi da trovarsi di fronte. Inoltre, la divisione in due fazioni composte da diversi gruppi, verificatasi dopo il ritorno in C con il posizionamento di una nella tribuna coperta e dell’altra nella curva, quest’anno sembra essersi quasi del tutto ricomposta, con tutto il contingente ultras schierato sui gradoni che per anni hanno accolto le tifoserie provenienti da fuori e oggi riconvertito a spazio per i tifosi di casa, con le tifoserie ospiti spostate laddove fino all’ultimo anno di Serie D prendevano posto gli ultras di casa. Cambiamento che ha ovviamente provocato molti malumori tra i torresi, con il riemergere di polemiche mai sopite riguardo all’impianto cittadino, ormai da anni ritenuto inadeguato. Tanto è vero che una delle scritte più grandi che campeggiano all’esterno – ben visibile anche quando si passa con i treni della Circumvesuviana – è quella che recita: “Questa città merita uno stadio”.

Ora, non me ne voglia nessuno. Né i tifosi di casa, né i cultori degli impianti nuovi e dotati di ogni tecnologia, ma a me il Liguori ha sempre trasmesso un immenso fascino: stretto tra i palazzi, a trecento metri dalla stazione della Vesuviana, con sole due stradine attorno che fanno letteralmente impazzire chiunque si trovi a dover organizzare il servizio d’ordine. Potenzialmente una trappola per qualsiasi tifoseria ospite. Comprendo che con i tempi odierni uno stadio simile diventi il vero e proprio spauracchio per i nostri prodi eroi chiamati a gestire un evento pubblico, ma per gli amanti del calcio di una volta, la sua “inadeguatezza” è perfettamente commisurata alla sua attrattiva. 

La prima differenza che noto è che nel settore dove oggi presenziano gli ultras della Turris, rispetto a quando era dedicato agli avversari, sono state quantomeno tolte le vetrate in plexiglass. Una cosa assolutamente da non sottovalutare, considerato quanto queste vanificassero praticamente anche il massimo sforzo nel fare tifo, fungendo da barriera anti-suono e rendendo alquanto difficile appendere pezze e striscioni (ricorderanno bene tutte le tifoserie che lì sono state destinate ai tempi della Serie C anni novanta). 

Le due “anime” del tifo corallino si schierano nei due spazi “offerti” da un settore oscenamente diviso in due piccole tribunette. Il posizionamento ricalca la divisione che è stata in essere negli ultimi anni, sebbene adesso sembra esserci quel minimo di sinergia utile a seguire tutti la stessa strada, almeno quando si fa il tifo. Poi è chiaro che restano apparentemente invariate talune differenze, su tutte quelle relative alla tessera del tifo. Con i ragazzi posti alla mia destra, dietro la pezza Torre del Greco, che sia entrando in corteo che durante il match ricorderanno a più ripresa la loro totale contrarietà a tale strumento, e quelli schierati alla mia sinistra che hanno invece deciso dallo scorso anno di tornare in trasferta. Sta di fatto che, da osservatore esterno, la sintesi di tutti i presenti dice che in quel settore dello stadio si annidino tutti gli ultras torresi, cosa che, infatti, renderà i loro novanta minuti alquanto granitici e intensi.

Come facilmente immaginabile, all’ingresso in campo delle due formazioni, i sostenitori dell’Avellino non sono ancora presenti nel loro settore. In un impianto come il Liguori il copione della polizia è sempre lo stesso: attendere l’ingresso del pubblico di casa e poi far affluire quello ospite, soprattutto in caso di rivalità. Mi viene quasi la lacrimuccia nel pensare che qua, fino a meno di trent’anni fa, venissero giocati derby con Savoia, Juve Stabia o Casertana senza troppi problemi (o meglio, senza troppi clamori, perché di problemi, oggettivamente, se ne verificavano con estrema puntualità!), mentre oggi quasi si vorrebbe impedire l’accesso anche a gruppi dai numeri bassi e in nessun rapporto ostile con i dirimpettai. Quando i primi bandieroni verdi cominciano a intravedersi nei pressi dei cancelli, subito partono i primi cori ostili dei padroni di casa, con il confronto che prende forma all’ingresso definitivo degli avellinesi. Sempre bello vedere il clima accendersi perché in preda all’antipatia reciproca. Un’acredine che magari non sarà tra le più importanti e sentite della Campania, ma che certamente affonda le proprie radici in tempi lontani ed è rimasta in piedi come probabilmente solo “l’odio” sa fare. Non mancano cori contro i napoletani dal settore ospiti, che ovviamente trovano la reazione soprattutto da parte della tribuna coperta. Va ricordato, infatti, che Torre del Greco, con i suoi ottantamila abitanti, è sì un paesone, ma è anche un centro che dista appena 19 km da Piazza del Plebiscito e ancor meno dai primi quartieri partenopei come Barra e Ponticelli. Cosa che, giocoforza, rafforza ancor più il valore dei suoi ultras, chiamati a dover storicamente resistere al richiamo delle due curve napoletane per rimanere in piedi.

Tornando al tifo: una volta sistematosi, il contingente irpino comincia il suo consueto spettacolo fatto di bandiere, battimani, cori a rispondere, buon utilizzo della pirotecnica e tanta voce. Passano le stagioni e si allunga la striscia di annate anonime in Serie C, ma Avellino e gli avellinesi dimostrano puntualmente di aver ricostruito degnamente un tessuto curvaiolo che dopo il fallimento sembrava scomparso e che – sebbene sia quasi totalmente cambiato nei protagonisti e anche nel modo di vivere alcuni aspetti della militanza – afferma costantemente il suo valore. Inoltre il vistoso ricambio generazionale avuto dalla Sud, non è affatto scontato quando si parla di una provincia dove l’emigrazione e l’allontanamento dei più giovani verso il Nord o il resto d’Europa è a dir poco notevole. 

E se bene figurano gli ospiti, altrettanto ottima è la performance dei padroni di casa, che per tutti novanta minuti si mettono in mostra con una miriade di cori secchi e manate stilisticamente perfette. Rispetto al passato, inoltre, devo dire che i corallini hanno incrementato bandiere, bandierine e stendardi, apportando quel tocco di colore che completa appieno la loro prova canora. Come accennato all’inizio di questo articolo, quella biancorossa è una realtà che forse non ha mai brillato per numeri, trovando però una costante qualità a rappresentarla e renderla celebre oltre i confini comunali. Se sui gradoni lo spettacolo è vibrante e degno di nota, in campo le due squadre si annullano, andando ad impattare su un pareggio a reti bianche che fa sicuramente felici i tifosi della Turris, mentre innervosisce ulteriormente quelli irpini, che nel finale respingono i propri giocatori, che avevano provato a portarsi sotto il settore per ringraziare i presenti. Clima ovviamente diverso per i calciatori corallini, applauditi dal pubblico e dagli ultras per la prestazione..."